Se questo è un uomo

GERUSALEMME, BERLINO, KAUNAS: sorge immediato l'interrogativo su quale sia il filo rosso che unisce queste tre città geograficamente lontane, ma per altri versi molto vicine.

GERUSALEMME, Città Santa per le tre religioni monoteiste, eppure teatro dove da decenni si consuma l’insanabile conflitto israelo-palestinese.
A Gerusalemme nel 1953 con un atto del Parlamento Israeliano fu costituito Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah per documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante le persecuzioni naziste, affinché il sacrificio di milioni di persone innocenti non venisse dimenticato. Rappresenta il principale museo dedicato al ricordo dell'Olocausto all’interno del quale vi è inserito uno straordinario archivio storico. Il sito ha inoltre il compito di ricordare i Giusti fra le Nazioni, che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah. “E per loro io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome (un “Yad Vashem”) […] che non sarà mai cancellato” (Isaia 56,5).

BERLINO, dove negli anni ’40 vennero stesi i piani per la “soluzione finale della questione ebraica”, tesa all’annientamento e alla distruzione di massa del popolo ebraico.
In memoria di questi eventi nel 2003 a Berlino venne costruito il Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa, conosciuto anche come Memoriale dell'Olocausto (o Memoriale della Shoah). Inoltre nel 2001 venne inaugurato il Museo Ebraico di Berlino (Jüdisches Museum Berlin), il più grande museo ebraico in Europa, progettato dall’architetto Daniel Libeskind. Due millenni di storia degli ebrei in Germania ripercorsi attraverso soluzioni architettoniche così originali che fanno dello stesso museo un’opera d’arte.

KAUNAS, seconda città della Lituania, nella Seconda guerra mondiale fu invasa prima dalle truppe sovietiche, poi da quelle tedesche. Durante l’occupazione tedesca il Nono Forte fu luogo di stermini di massa: vi furono massacrati circa 200.000 ebrei tedeschi ed austriaci. Il Museo del Nono Forte ospita una collezione di reperti storici legati sia al genocidio nazista che alle atrocità sovietiche. Nei pressi del Forte si trova un monumento alto 32 metri progettato dallo scultore A. Ambraziūnas, dedicato alle vittime del nazismo.

Tre città attraversate dai drammi che hanno sconvolto il XX secolo, accomunate da una parola: EBREI.
Gerusalemme, Berlino e Kaunas offrono lo sfondo al racconto drammatico del genocidio degli ebrei che si è consumato nel cuore dell'Europa.

Il percorso prende avvio dal museo ebraico di Berlino e si snoda attraverso suggestioni che accompagnano in un viaggio verso il “male assoluto”, là dove, in nome di un’ideologia, milioni di uomini, donne e bambini sono stati prima annientati come persone e poi uccisi. È un viaggio nella memoria, con il monito della memoria: perché solo ricordando le atrocità del passato, l’uomo potrà non ripeterle nel futuro. Allora era la purezza della razza, oggi è l’Islam secondo l’Isis, domani...
E all’improvviso il fragore delle maschere metalliche adagiate esamini sul pavimento del museo si trasformano nelle grida dei ragazzi che corrono a Gerusalemme, i volti di acciaio nei volti animati di uomini e donne per le strade del ghetto che già presagiscono l’arrivo di tempi più tristi. Le persecuzioni hanno inizio, il folle aguzzino li strapperà presto dalla loro città, dalla loro casa, da padri, madri, figli, da tutto ciò a cui erano legati per adempiere a quel demoniaco progetto dell’eliminazione di massa dell’intero popolo ebraico. I bambini corrono tra le mura del memoriale, il terrore dipinto nei loro occhi fa parte del gioco?
Il tempo è scaduto, il convoglio è arrivato, li porterà ad Auschwitz o in un altro di quei campi senza via d’uscita dove, come racconta Primo Levi, “per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. […] Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, e anche i capelli. […] Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga”.
Il titolo del lavoro si ispira alla celeberrima opera di Primo Levi: SE QUESTO E’ UN UOMO.
“Se questo è un uomo”, riferibile alla vittima? E’ da considerarsi uomo colui che è stato privato di ogni suo bene, materiale e spirituale, del suo nome e tuttavia impegnato nel preservare la propria identità sopravvivendo ad una tragedia indicibile?”
“Se questo è un uomo”, riferibile al carnefice? E’ da considerarsi uomo colui che “ha come scopo l’annientamento dell’uomo, che prima di morire dev’essere degradato in modo che si possa dire, quando morrà, che non era un uomo?”, citando le parole del comandante nazista Franz Stangl.
“Meditate che questo è stato”, scrive Primo Levi, un verso che esprime tutto il valore della memoria, affinché ciò che è stato non si ripeta.

Gerusalemme, Berlino, Kaunas, 2015